venerdì 29 gennaio 2010

Orecchiette con i broccoli


Gina era da tempo che non andava a trovare la sua amica Claudia in campagna, forse da più di dieci anni, da quando si era divorziata dal marito. In effetti, forse per quel motivo. Non poteva sopportare di trovarsi a contatto con una famiglia ancora felice, con bambini cane e gatto, il tutto circondato da verdi colline toscane e alberi di mimose. Un antico casale su due piani con le finestre rosse e un giardino che in realtà sembrava un parco, immense distese di campi di grano che affacciavano dalla finestra, in inverno questa distesa verde si confondeva all’orizzonte con la foschia azzurrina del cielo mattutino...questa l’ultima cartolina, l’intensa immagine che ha ancora negli occhi. Però ora era arrivato il momento, si sentiva nuovamente forte e pronta per affrontare l’amica con la sua vita placida e tranquilla, nella “casa della prateria”. Le indicazioni ricevute da suo marito, perché l’amica Claudia non ha ancora capito dove abita, sono piuttosto dettagliate ma preferisce in ogni caso viaggiare con la luce del giorno, decide quindi di partire verso le quattro del pomeriggio. Mentre è in macchina imbottigliata nel traffico e nei super alcolici mignon ripensa malvolentieri alla sua vita da single divorziata. È stufa, ci vorrebbe un uomo “vero” accanto, che si prenda un po’ cura di lei. Basta con avventure senza senso e tanto sesso! Vuole innamorarsi nuovamente…ma di chi? Quale uomo sopra i quarant’anni, bello, disponibile, ricco, intelligente e affettuoso è ancora solo? Se esiste è divorziato con figli, quindi anche lui con una vita bruciata, piena di dolori, odi, doveri e responsabilità verso l’ex moglie, in pratica un nevrotico, isterico, pedante e forse represso. Se invece è single, è probabile che abbia qualche problema d’instabilità emotiva, o d’identità, o è uno sfigato pazzesco, o peggio impotente. Ad ogni modo è uscita dalla città finalmente e si prepara a prendere l’autostrada. Il bigliettino su cui ha appuntato le indicazioni è scritto male e di corsa, nemmeno lei capisce tanto bene quale uscita deve prendere, la prima, la seconda o la terza? Vada per la terza, almeno se sbaglia può tornare indietro. Dopo un’ora di viaggio abbondante si ritrova nella campagna, ma nessun’indicazione precisa, solo una successione di paesi con nomi similari e neanche un’anima. Sta cominciando a scendere il buio.

- Pronto? Chi parla?-
- Claudia sono io…
- Io chi?
- Io Gina! Scema!
- Ah, Gina…ma dove sei? Oramai sono le 9 di sera, ti avevamo dato per dispersa…
- Infatti, lo sono! Ho finito il credito e non ho il carica batterie in macchina
- Ma adesso da dove chiami?
- Da un telefono pubblico…sì, Claudia n’esistono ancora per fortuna! Ma finiamola con discorsi inutili, non ho abbastanza spicci, mi sono persa!
- Ma dove sei esattamente?
- Se lo sapessi non ti chiamerei no!
- Già…ma dammi un piccolo indizio, altrimenti come faccio ad aiutarti?
- Mm…vedo davanti a me una collinetta con una croce…
- La croce è azzurrata, con bordi bianchi e la parte destra è fulminata?
- Esattamente…
- Scema sei all’ingresso di casa nostra!
- Pure la croce hanno messo…
- Che dici Gina?
- Nulla… arrivo, tra 2 minuti sono lì….
- Ah, Gina, attenta ai cani…
- Cosa?...click

Un abbaio di cani, urla e guaiti accompagnano il trillare del campanello di casa e Claudia va ad aprire la porta. Appare Gina trafelata, con la lingua fuori e la valigia in mano.

- Cazzo potevi dirmi dei cani…
- Te l’ho detto…
- Mm…Caspita che bella casa che hai!
- E’ sempre la stessa da dieci anni .
- Non me la ricordavo così.
- E’ identica….
- Va bene come dici tu…ciao Claudia sei cambiata… più bella!
- Sono sempre la stessa da dieci anni .
- A me sembri più bella
- Sono identica…
- Ok Claudia, dove posso posare le valigie?

Gina si guarda attorno e ricorda chiaramente quando venne l’ultima volta col marito. Anche all’epoca si erano persi, ma per colpa sua naturalmente. La bella dimora di Claudia è un vecchio casale in pietra di tre piani con un allegro movimento di scale e scalette.
All’interno l’arredamento è assolutamente lasciato al caso, non c’è né logica né intenzione nella posizione di mobili e suppellettili. Proprio questo disordine di gusto e colori dà all’ambiente l’impronta di uno stile libero e un po’ bohemien.

- Hai cenato Gina?
- Sì non preoccuparti, un panino per strada…ma dove sono i tuoi figli e il marito?
- Gianni è andato a portare da un amica la grande che starà fuori il week-end e la piccolina è già a letto
- Che traffico!
- Già tutta vita…vieni Gina, lascia la valigia in salotto, dormirai nel divano- letto stasera.
- Ma la camera degli ospiti?
- E’ diventata uno studio, o almeno dovrebbe essere.
- Perché dovrebbe?
- Perché quello stronzo di mio marito inizia sempre tutto e non finisce mai nulla!
- Ah…ok il salotto va benissimo.

- Senti Gina domani mi devo alzare molto presto, ti dispiace se andiamo a dormire che per me è già tardi? Ci racconteremo domani…
- Ah…tutta vita!
- L’ho già detto io.
- Scusa marchesa, ma Gianni?
- Non ti preoccupare per lui, la strada per il letto la conosce…
- D’accordo…il divano letto è già fatto?
- Certo! Mica tratto male i miei ospiti!
- Ovvio…
- Ah Gina dimenticavo, il cane dorme sempre in salotto, sulla sua cuccia. Attaccato al calorifero.
- Perché legato?
- Stasera è previsto un brutto temporale… domani ti spiego
- Ok…e il gatto?
- Se non ti da fastidio lui gira liberamente, solitamente ha i suoi angoli per dormire…
- Va bene, nessun problema, amo gli animali.
- Notte Gina
- Notte Claudia.

E così Gina si ritrova da sola al buio in salotto, lei che pensava di distrarsi, di evadere dalla vita cittadina, si trova a letto come se ci fosse il coprifuoco! E senza neanche vedere Carosello. Decide di prendere il libro, in fondo se non legge in questa circostanza Anna Karenina, rischia seriamente di diventare carta da riciclo, il libro naturalmente. In alternativa ci sarebbe il taglio delle vene, ma non ne vale la pena. Messa il pigiama e infilata sotto le coperte sente di avere i piedi ghiacciati e si accorge quindi della mancanza di riscaldamento. Solo un camino spento e una stufa a carbone in via d’estinzione. La nottata si fa interessante, comincia ad avere il dubbio di uscirne viva. “Ma dai Gina, non sarà un po’ di freddo a spaventarti!”. Inizia a leggere, ma esattamente quando Sergeiv va a teatro, saranno le lunghe descrizioni degli abiti, dei gioielli, dei ricami, dei colori della pelle, del broccato del tendaggio, dei pomelli della carrozza, Gina si addormenta profondamente, senza accorgersi del temporale. La sveglia di soprassalto un rumore di mobili, uno strusciare, uno sbattere di legni, pum, pum, sdeng. Gina si alza dal letto e accende la luce, Orzo, il cane, in piedi attaccato al termosifone sta cercando di cambiare l’arredamento della casa. Spaventato dal temporale, spinge la cuccia in lungo e in largo, s’avventa contro la pendola rimanendo strozzato dal guinzaglio, sposta la poltrona, addenta il tavolino. Gina cerca di tranquillizzarlo con qualche carezza e lui si placa, tornando alla cuccia. Gina riprova a dormire. Dopo una mezz’ora ricomincia il circo, accende la luce e ancora il cane salito a quattro zampe sul tavolino, a questo punto impiccato, la sta guardando con occhi di fuori che sembrano dirle “aiuto, posso dormire con te?”. Gina incavolata s’avvicina a Orzo, allontana la poltrona, il tavolino, la pendola e gli toglie la cuccia da sotto le chiappe lasciandolo a dormire sul freddo pavimento. Annientato il cane, Gina cerca di riaddormentarsi, quando un verso gutturale proveniente da sotto il letto le fa spalancare gli occhi.. augh... augh…coff…coff, ma non erano gli indiani. Gina butta giù la testa, in una posizione plastica degna della migliore contorsionista e vede il povero gatto indemoniato con gli occhi strabuzzati che si sta vomitando l‘ultima delle sue sette vite, assieme ai resti della cena. Un maleodorante mucchietto di cibo decomposto sta sotto il suo letto e il gatto, con sguardo supplichevoli, sembra le chieda pure un bicchiere d’acqua. Gina comincia a imprecare l’attributo maschile che in questi frangenti è davvero efficace e per l’ennesima volta si alza dal letto. Bisogna ripulire. Sta facendo più ginnastica lei in quel salone, di quella che ha fatto in palestra per una vita. Il gatto la guarda supplichevole, la bestiola è ormai disidratata. Gina comincia a girare per la cucina e dintorni, aprendo ogni sportello e armadio. Essendo un’amante del poliziesco, anche se legge Anna Karenina, Gina prova a immedesimarsi nella padrona di casa per capire dove può aver messo lo straccio e lo spazzolone. Finalmente la lampadina s’illumina, spazzolone e straccio sono sotto la scala. La sospetta irrazionalità di Claudia diventava ora una certezza.

Oramai sono le cinque del mattino, Gina esausta s’accascia sul divano letto e s’addormenta, nemmeno avesse bevuto quattro vodka, quando improvvisamente un rumore assordante la sveglia nuovamente. Lo stereo ha preso vita autonomamente ed è partito a palla suonando “it’s a hard day night”! Come un automa Gina si alza e va in cucina, a tentoni si beve un bicchier d’acqua. Calda, perché sbaglia il rubinetto.
Mattina dopo, interno giorno. Gina seduta in cucina, addormentata sul tavolo a braccia conserte ancora col bicchiere d’acqua davanti, Claudia alla macchina del gas, bestemmia perchè non riesce ancora ad accendere un elettrodomestico regalato quindici anni fa dal marito, industriale, l’elettrodomestico naturalmente. Preme la manopola, agguanta l’accendigas, spara, molla la manopola, appare la fiamma pilota, a quel punto gira la manopola e dovrebbe apparire come per magia la fiamma, ma niente, bestemmia nuovamente e riprova. La figlia piccola appare con la coca cola in mano, avanzo della cena prima.

Gina prende consapevolezza della situazione, della sua faccia riflessa nello specchio, ora suo peggior nemico e alla voce di Gianni corre su per le scale per raggiungere un bagno.

- Gianni ciaoooooooo…quanto tempo…
- Ciao Gina ben tornata, dormito bene?
- Benissimo! Grazie
- Dalla faccia non si direbbe…

E le dà un buffetto sulla guancia. Gina non ha mai sopportato Gianni e vederlo adesso, con 10 chili di pancia in più, la consola della sua faccia struccata e distrutta. Con calma ritorna in cucina per bere il caffé che a questo punto Claudia forse è riuscita a materializzare sul gas. La doccia può aspettare. Dopo una colazione abbondante degna del migliore bed and brekfast, con marmellate di tutti i tipi, condita da frasi spezzate e assonnate e dalla martellante cantilena della figlia piccola, incantata sulla frase, “mamma mi compri domani…”, Gina va in bagno per iniziare la ristrutturazione. La giornata tutto sommato si prospetta tranquilla, fuori c’è un bel sole e gli uccelli cinguettano. In città non esistono questi sottofondi musicali, Gina è abituata ai palazzi grigi dove anche il poco verde che si riesce a vedere è quello delle aiuole negli androni. Una volta conquistato un aspetto decoroso, raggiunge nuovamente l’allegra famiglia, ma trova solo Claudia ancora intenta ai fornelli. Sta cercando di sfornare un pasto decente. Cucinare non è mai stato il suo forte, è sempre stata un’artista, senza nessun senso pratico. Mentre traffica nervosamente tra pentole e presine racconta a Gina che la sera prima che lei arrivasse, ha animosamente discusso con il marito e lui, che di solito durante i week-end con gli amici cucina perchè un ottimo cuoco, oggi ha deciso di scioperare. Entra Gianni con un’aria scocciata:

- Viene Sandro con i bambini e l’amica a pranzo. Io vado a prendere Flaminia.
E se ne va senza salutare.
- Chi è Sandro?
- Mah… un amico suo.

Gina si offre di aiutarla, più per pena che per umanitaria comprensione. Claudia si vuole cimentare nelle orecchiette con i broccoli.

- Claudia perché pasta con i broccoli?
- In onore del nostro ospite, Sandro è pugliese.
- Ah, simpatici i pugliesi!
- Guarda Gina, qui c’è la ricetta e questi sono gli ingredienti. Me l’hanno data le due ragazze del negozio di pasta fresca “ Punto e Pasta”, sono bravissime:

Orecchiette circa 200 grammi, 400 grammi di broccoli, un peperoncino, due spicchi di aglio, formaggio grattugiato, pepe nero, olio.

- Ma sono gli ingredienti per due persone?
- E allora? Basterà moltiplicare!
- Gina si convince ad aiutarla.
- Gina, che dici se al posto dei broccoli ci metto il cavolo bianco, tanto sono della stessa famiglia.

A questo punto per spirito di sopravvivenza Gina mette l’acqua sul fuoco in una pentola grande e si mette a lavare e tagliare a pezzettini i broccoli originali, non dei parenti stretti, e li mette a cuocere nell’acqua non appena bolle. Dopo circa 10/15 minuti aggiunge la pasta. Nel frattempo che pasta e verdure cuociono fa scaldare in una padella grande l'olio, il peperoncino e l'aglio ben tritato a fiamma bassissima. Claudia per fare qualcosa si mette a grattare il parmigiano e dispone il pepe. Gina sapeva che sarebbe finita così, la sua abilità di cuoca, riconosciuta da tutti gli amici, è sfruttata in ogni occasione. Guarda Claudia, che le risponde con un sorriso pieno di gratitudine. Mentre Claudia inizia ad apparecchiare la tavola torna Gianni, assieme a Flaminia e agli ospiti. Le orecchiette sono pronte, ora basta scolarle e farle saltare in padella in modo che s’insaporiscano. Un po’ di parmigiano e una presa di pepe e tutti a tavola.
Il pranzo è stato lungo ma ha dato modo a Gina di capire che quell’ amico di Gianni, Sandro, non è niente male. Nonostante la presenza di quella donna, forse la compagna dato che è divorziato, le è sembrato di essere stata notata piacevolmente anche da lui. La riuscita delle orecchiette ha contribuito e Claudia non si è lesinata in complimenti e ringraziamenti per tutta la durata del pranzo. Doveva farlo pesare anche al marito in qualche modo…Scambi di sguardi d’intesa, frasi e doppi-sensi sfociano, al momento dei saluti, in uno scambio di numeri di cellulare. All’insaputa della compagna misteriosa e anche un po’ muta. Naturalmente.
Dopo questo breve ma intenso intermezzo campagnolo, Gina torna alla sua routine quotidiana, lavoro, casa, palestra, aperitivo, lavoro, casa, palestra, aperitivo, ma senza più nessuna nostalgia della vita di Claudia. Ha fatto bene ad andare a trovarla. Se non altro per le orecchiette, le sono riuscite benissimo…

venerdì 22 gennaio 2010

IL PRINCIPE E GLI SPAGHETTI


«Principe, una disgrazia!»
«Che succede gran ciambellano?»
«Sono finiti gli spaghetti!»
Il ciambellano rimase immobile ad attendere la reazione del principe. Non che fosse un padrone così cattivo. E’ che tutti nella città di Pechino sapevano quanto al principe piacessero gli spaghetti, in tutte le combinazioni possibili.
Del resto solo lui poteva mangiarli. Nelle dispense del palazzo era conservata una quantità apparentemente infinita di spaghetti, dono ai suoi genitori il giorno della sua nascita da parte della Maga della Pasta Ardente, l’unica che conoscesse la ricetta segreta. Apparentemente infinita, perché in realtà era finita proprio. Cambiare dieta? Giammai piuttosto…
«Andrò dalla maga. Tu, ciambellano, e altri due servitori verrete con me.»
Così deciso, partirono per il viaggio. Un viaggio niente affatto semplice perché la maga risiedeva nel suo castello oltre la Foresta della Crusca Nera.
Appena entrati nella foresta, infatti, un orso enorme sbarrò loro la strada. Era molto nervoso a causa di un qualche strano fastidio che sentiva su di se. Il gran ciambellano, che aveva imparato il linguaggio degli orsi quando era giovane e viaggiava spesso nelle foreste del nord, confabulò con l’animale e capì il problema. Era infestato dai pidocchi. Bisognava aiutarlo a toglierli uno per uno. Il principe comandò che i due servitori rimanessero con l’orso. Li avrebbero ripresi al ritorno.
Continuarono il viaggio nella foresta, ma un nuovo animale si mise sulla loro strada. Un Leone triste e depresso sdraiato di traverso sulla strada impdendo loro il passaggio. Il gran ciambellano, durante un viaggio nelle jungle del sud, aveva imparato anche qualche parola di dialetto leonesco e comunicò con la fiera. Capì che il problema era la solitudine e allora si offrì di fargli compagnia e di andare a fare una passeggiata insieme così il principe avrebbe potuto continuare il viaggio. Così fecero e il principe si mise in viaggio da solo.
Finalmente arrivò al palazzo, bussò ma trovò solo un’anziana che camminava curva coperta da una specie di palandrana con tanto di cappuccio che gli copriva la testa. La vecchia gli disse che la maga non era in casa ma sapeva che stava arrivando e conosceva il motivo della sua visita, era una maga vera con tanto di palla di vetro. Lei sarebbe giunta appena possibile ma intanto lui, il principe, avrebbe dovuto procurare la Farina Divina.
«E come? »
«Devi andare sulla montagna dietro il castello e chiederla all’orco contadino. Sii gentile perché è molto scorbutico, ricordati di chiederlo per favore.»
Il principe, che aveva davvero tanta voglia di spaghetti, si arrampicò sulla montagna, ma orgoglioso come era ordinò al contadino di dargli la farina. Quello non fece nulla, come se nessuno avesse parlato. Il principe insistette ma solo quando si inginocchiò e implorò il contadino quello si alzò e gli consegnò un sacco della sua farina.
Tornato al palazzo trovò ancora soltanto la vecchia.
«La signora ha inviato un messaggio, sta per tornare ma intanto ha detto che il principe prepari il sacro impasto mescolando la farina con l’acqua della fonte immortale qui nel castello, poi proceda seguendo la sacra formula .»
«Devo farlo io?»
«E chi altri? »
Il principe emise un lungo sospiro e si rimboccò le maniche. Troppa era la voglia di spaghetti. Mescolo, impasto, segui la sacra formula e infine ottenuta la pasta la tagliuzzò ottenendo una gran quantità di spaghetti che mise ad asciugare eseguendo alla lettera le istruzioni.
Mentre si detergeva la fronte sentì battere sulla sua spalla. Ancora la vecchia.
«La signora ha inviato un altro messaggio: il principe deve raggiungere Esmeralda, la mercante errante, che passa sotto le mura del castello e comperare guanciale, pecorino, uova.»
Il principe ormai non accennava la minima reazione si fece indicare la strada e vide che la mercante errante era già passata. Di corsa la raggiunse e comprò quanto richiesto. Tornato al castello la vecchia era pronta con un altro messaggio.
«La maga è quasi arrivata e fa dire al principe che metta sul fuoco una pentola contenente abbondante acqua che, a bollore, salerà moderatamente. Introdurrà quindi gli spaghetti nell'acqua. Nel frattempo avrà tagliato il guanciale in dadini, lo avrà messo in un tegame con l´aggiunta dell´olio e lasciato friggere fino a quando il grasso non sarà diventato trasparente e leggermente croccante. Avrà sbattuto intanto le uova in una ciotola quindi unito il pecorino, il pepe macinato e, nel momento in cui scolerà la pasta, il guanciale. Quindi il principe porterà il tutto nella sala del banchetto.»
Il principe esegui tutto alla perfezione, prese il pentolone e si diresse nella sala del banchetto.
Quando entrò venne accolto da un fragoroso applauso.
A tavola c’erano il gran ciambellano, i due servitori, l’orso pidocchioso, il leone depresso, il contadino della montagna e la mercante errante. E a capotavola la vecchia, che si era tolto il cappuccio svelando la sua vera identità: la Maga della Pasta. Tutti seduti e pronti con il tovagliolo intorno al collo.
Il principe rimase impietrito e senza parole ma venne trasportato di peso e fatto sedere vicino alla maga. Intanto tutti mangiavano con gran gusto gli spaghetti che aveva cucinato così diligentemente. Grandi risate riempivano la sala.
Il principe fissava a bocca aperta la maga che intanto, mentre portava alla bocca quegli spaghetti che sembravano così buoni, gli sorrideva con gli occhi.
«Ma… io sono stato ingannato. »
«A sentire questi spaghetti direi piuttosto che sei stati addestrato ed edotto nel modo migliore. Guarda i volti dei tuoi commensali.»
Il principe osservò gli altri che stavano gustando quel piatto che lui aveva preparato dall’inizio alla fine.
«E adesso assaggiali.»
gli disse la Maga della Pasta porgendogli la sua forchetta piena di quei filamenti dorati pieni di condimento succulento.
Il principe assaggiò fissandola negli occhi e rimase estasiato. Rimase estasiato dall’atmosfera, dagli occhi della maga e dagli spaghetti che lui, proprio lui, aveva preparato dall’inizio alla fine.
E si senti felice come mai era stato in vita sua
Quando torno nella sua città, posò le sue valigie, andò nel centro della città, trovo un bel locale e lo sistemò con tavoli, sedie, una bella cucina e sull’ingresso mise una grande insegna “DAL PRINCIPE DEGLI SPAGHETTI - ristorante”.
E vissero tutti sazi, felici e contenti.